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Realtà virtuale e videogiochi: intrattenimento/apprendimento

Realtà virtuale e videogiochi: engagement e apprendimento

Freschi di una recente visita alla città di Genova, abbiamo preso spunto da questa esperienza per affrontare un tema estremamente attuale nell’ambito della formazione. Ma prima di immergerci nell’argomento (ché di vera e propria “immersione” si tratta), guardate questo video di pochi secondi: un bambino di 7 anni scopre le profondità degli abissi nella sala della realtà virtuale dell’Acquario di Genova.

 

Il bambino è seduto su di una poltroncina con indosso un visore SamsungGearVR e inizia la sua discesa negli abissi che durerà 3, intensissimi, minuti: più si immerge più sale il livello di coinvolgimento, più ciò che vede sembra reale. Basta guardare il suo linguaggio corporeo per capire quanto in quel momento si trovi davvero in quella nuova dimensione: si volta da ogni parte, tocca il bracciolo credendo di spingere dei pulsanti di una fantomatica navicella, si porta le mani al viso un po’ spaventato dall’arrivo di piovre giganti e balene. In poco tempo sperimenta delle informazioni che se semplicemente lette o raccontate non potrebbe incamerare con la stessa potenza ed efficacia. Intrattenimento? Senza dubbio. Ma immaginiamo lo stesso tipo di engagement trasferito in altri ambiti come i percorsi didattici, la visita di un museo, l’assessment in un’azienda… et voilà: l’intrattenimento non è più un fine ma il mezzo per raggiungere altri obiettivi, si impara e si sperimenta compiendo delle azioni.

Realtà virtuale, aumentata, gamification & co.

L’utilizzo sempre più diffuso e accessibile delle tecnologie, la necessità ormai comune alla maggior parte di noi di condivisione delle proprie esperienze attraverso i social network, la trasformazione delle modalità di accesso alle informazioni (per cui siamo al tempo stesso fruitori ed erogatori di contenuto), sono delle componenti fondamentali della quotidianità. Oggi ci aspettiamo un percorso personalizzato, che coinvolga e ci faccia agire in prima persona in ogni settore: dallo shopping alla scuola, dall’ambiente di lavoro alla programmazione di un viaggio o la scelta di un ristorante.

L’esempio dell’Acquario di Genova dimostra che integrare le nuove tecnologie anche in una visita di per sé già coinvolgente a 360° (camminare in tutto quel tripudio di blu, mentre delfini saltano e murene ti guardano in cagnesco, toccare con mano le razze nella vasca tattile sono già una realtà aumentata se vogliamo)  rende il percorso ancora più personale ed emozionale. Oltre alla sala degli abissi con le otto postazioni per la realtà virtuale, i bambini hanno a disposizione un altro momento di edutainment: si chiama Fish making e, come suggerisce il nome, è un gioco che permette di creare il proprio pesciolino attraverso dei touch screen messi a disposizione in un corridoio dell’Acquario, ma vi si può accedere anche da remoto tramite app.

 

La sala del gioco educativo Fish Making (foto Wired.it)
La sala del gioco educativo Fish Making (foto Wired.it)

 

Si compongono tutte le sue parti (pinne, branchie, squame…), si sceglie il suo habitat, gli si dà un nome (anche scientifico) e lo si rilascia in una vasca virtuale: in questo modo il bambino non solo ha raccolto informazioni sull’anatomia di un pesce e sull’ambiente in cui vive, ma sa che lì, su quello schermo, c’è il “suo” unico e inconfondibile esserino.

L’arte del coinvolgimento

Coinvolgere è una necessità tutt’altro che superficiale: non si tratta semplicemente di intrattenere per non annoiare, ma stimolare l’attenzione affinché le esperienze che si compiono rimangano più impresse, e i nuovi input si intreccino meglio con le conoscenze pregresse per creare nuove connessioni.

 

“è inevitabile, prima o poi saremo tutti giocatori” Rob Fahey
“è inevitabile, prima o poi saremo tutti giocatori” Rob Fahey

 

Abbiamo preso in prestito il titolo del libro pubblicato nel 2017 da Hoepli e scritto da Fabio Viola e Vincenzo Idone Cassone: L’arte del coinvolgimento. Emozioni e stimoli per cambiare il mondo, quasi un “monito” affinché aziende, associazioni, enti pubblici e privati costruiscano una relazione davvero solida con il proprio pubblico (di consumatori, utenti, cittadini) riprogettando “i vari aspetti della vita quotidiana per riprodurre quel senso di sfida, feedback in tempo reale, premialità, imprevedibilità e in definitiva soddisfazione propri del medium videoludico“.

Engagement da nord a sud

Le esperienze che già sono state messe in pratica in quest ultimi anni sono tante e meriterebbero un approfondimento a sé. Tour immersivi (più o meno riusciti) di esposizioni d’arte, ricostruzioni virtuali di siti archeologici, viaggi organizzati seguendo gli itinerari del proprio videogame preferito (valga per tutti il Game Tourism alimentato dagli appassionati di Assassin’s Creed 2, celebre videogioco ambientato in Italia, fra Venezia, Roma, Firenze e l’entroterra toscano). Di anno in anno aumenta, poi, in maniera esponenziale il numero di Musei e aziende che promuovono il patrimonio culturale italiano attraverso l’uso dei social network (anche qui con esiti variabili), cercando di essere sempre più accostevoli, avvicinando il pubblico anche tramite concorsi e challenge che mettono al centro dell’attenzione il fruitore e non l’Istituzione.

Da nord a sud: dall’Acquario di Genova al Museo Mann di Napoli

Dall’Acquario di Genova ci spostiamo a Napoli, precisamente al Museo Mann che dall’8 aprile ogni domenica integra le visite alle collezioni con tour virtuali utilizzando i visori VR. Ma il Museo Archeologico napoletano, sotto la direzione di Paolo Giulierini e con il piano strategico di comunicazione curato da Ludovico Solima, ha già dato prova del suo orientamento all’utilizzo della gamification per la fruizione del suo patrimonio artistico. Nel 2017, infatti, ha rilasciato Father and son, il primo videogioco pubblicato da un museo e realizzato dall’Associazione Tuo Museo di Fabio Viola.

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A un anno esatto dal suo rilascio (era il 18 aprile 2017), Father and son conta oltre 2 milioni di download in tutto il mondo. Il concept è tanto semplice quanto efficace: abbandonate ora l’idea di totale immersività della realtà virtuale, perché qui anzi ci ritroviamo in un ambiente volutamente bidimensionale. Le immagini non sono iperrealistiche, al contrario, sono tutti disegni fatti a mano, ad acquarello, con una colonna sonora delicata (acquarellata anch’essa potremmo dire), originale.

 

Father and son the game

 

L’immersione avviene attraverso la storia e l’identificazione con il personaggio principale: un ragazzo alla ricerca di indizi che gli facciano scoprire un padre che non ha mai conosciuto. Indizi che lo portano a Napoli e che lo trascineranno in un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso le collezioni del Museo Mann, le vie della città partenopea e il sito archeologico di Pompei. Se si gioca solo da remoto state certi che salirà il desiderio di visitare quei luoghi dal vivo. Se si gioca all’interno del Museo si sbloccheranno servizi aggiuntivi e nuovi percorsi che renderanno l’avventura sempre più avvincente.

Realtà virtuale e gamification per la formazione

Quello che vi abbiamo raccontato finora è solo una piccola parte di tutto un ventaglio di possibilità, di esperienze già sperimentate e tante altre ancora da provare, decisamente trasversali nel loro utilizzo: dalla scuola al turismo, dagli esercizi commerciali alla formazione aziendale. La nostra esperienza diretta, ad esempio, ci conferma quanto edugame e simulazioni virtuali siano un valore aggiunto, con un alto indice di efficacia, durante i percorsi formativi on line che elaboriamo per i nostri clienti.

Insomma, tra i leoni marini dell’Acquario di Genova e il Toro Farnese del Mann di Napoli c’è tutto un mondo (reale e virtuale!) che aspetta di essere investigato e compreso.

 

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